Facebook, Gramellini predice quando morirai

Written on November 8, 2013

Ora che ho l’attenzione del pubblico, devo dire che a me questa storia di Gramellini non deprime più di tanto, la vedo più che altro come uno splendido esempio di internet senza fili: ricordate il telefono senza fili, quel gioco in cui una frase veniva detta all’orecchio della persona successiva e dopo qualche passaggio diventava qualcosa di completamente diverso? Questa è la versione digitale.

Gramellini

Al primo passaggio (24 ottobre) abbiamo l’originale, un articolo scientifico su arXiv, che definisce una nuova metrica per identificare un partner in una rete sociale; tra varie osservazioni accessorie, tentano (a mio avviso non con particolare successo) di correlare questa metrica con la stabilità della coppia. Questa osservazione occupa il 3-5% dell’articolo.

I due autori sono stati contattati per dei commenti dal New York Times. Il secondo passaggio (28 ottobre) è un resoconto abbastanza terso dell’originale, dove l’argomento della durata della relazione occupa più o meno la stessa percentuale di spazio che nell’articolo originale.

Il terzo passaggio potrebbe essere un articolo dell’Independent (30 ottobre). Il titolo evidenzia la parte principale del paper: “the […] factor that predicts relationships”, ma introduce anche parole che hanno come unico scopo quello di attirare i lettori: “Facebook”, “and when they’ll end” (che è come fare un articolo sull’aspettativa di vita e titolarlo “I ricercatori che sanno quando morirai”). Il testo dell’articolo è un po’ migliore del titolo: inizia spiegando più che dignitosamente il senso della ricerca, e la parte sulla correlazione con la durata della coppia occupa il 10-15% dell’articolo.

Il quarto passaggio (5 novembre) è certo: Repubblica: le parole per attirare l’attenzione hanno monopolizzato il titolo (“Facebook, un algoritmo dice quanto durerà la tua storia: grazie agli amici”). Dopo aver ringraziato gli amici, leggo l’articolo, che al contrario di quello precedente inizia e dà la maggiore importanza alla correlazione con la stabilità della coppia, ritornandoci anche nella conclusione. L’autore prova a spiegare qualcosa dell’articolo originale, con meno successo, ma comunque in modo lodevole, se non per il fatto di costellare il suo articolo di strane figure retoriche: “un puntuto studio”, “essere scandagliati dagli algoritmi giusti”, “estratto dal cilindro un metodo migliore”, “mare magnum di Facebook”, “un legame fra vita virtuale ed esistenza pubblica”. Inutile dire che lo spazio dedicato alla stabilità della coppia è al 50%.

Infine, abbiamo il quinto e ultimo passaggio (6 novembre): Gramellini. Ultimo poiché ciò che segue riguarda più Gramellini come metafora dell’Italia che il puntuto articolo. Gramellini si attira le ire di vari commentatori scientifici, ma quello che fa non è molto diverso da interpretare l’articolo di Repubblica come potrebbe farlo un italiano medio che non ha, giustamente, tempo e voglia di accedere alle fonti più autorevoli. La correlazione con la durata della coppia, o meglio l’urlo scomposto “IoSonoUnUomoVoiAlgoritmiNonMiPoteteDefinire” è l’unico argomento del suo breve pezzo, ma solo perché nella lunga catena che lo precedeva è sempre stato inteso come l’argomento che avrebbe scatenato più reazioni. Quindi perché incolpare l’ultimo anello della catena?

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